Cara amica, caro amico,
chi di voi ha preso parte a Vediamoci!, ricorderà che in occasione dell’ultima serata abbiamo avuto la presenza “virtuale” delle madrine e dei padrini di Farfalle di Luce in collegamento zoom. Quella sera abbiamo raccolto le testimonianze di quello che accade sui loro fronti operativi. Oggi iniziamo a ripercorrerle, partendo dall’esperienza di Barbara Olivi.
In Brasile, nella Favelas di Rochina, la più grande del Sud America, alle spalle di Rio, la vita non è facile, tanto più di questi tempi. Barbara è arrivata lì 20 anni fa, col desiderio di fare la guida turistica e non se ne è mai più andata. Ha fondato l’associazione “Il sorriso dei miei bimbi” che, da allora, porta avanti progetti di tipo socioeducativo che, come dice Barbara, sono grandi contenitori di umanità. Una realtà, quella della favela, dentro al quale ha scelto di guardare anche Farfalle di Luce, che, come abbiamo più volte detto, sceglie di entrare dentro a progetti già avviati, dove forze locali che conoscono le esigenze sono già al lavoro per farvi fronte.
Negli anni a Rochina sono state costruite una scuola materna e una casa di accoglienza per bambini e adolescenti, dove poter godere di corsi di alfabetizzazione, rinforzo scolastico e, soprattutto, supporto psicologico offerto da operatori professionali. Un grande traguardo raggiunto è stata l’apertura del Garagem das Letras, un caffè letterario punto di incontro, socializzazione, educazione e formazione, anche per gli adulti. È al Garagem che si tengono corsi gratuiti di lingua straniera, tenuti da insegnanti madrelingua: il sostegno economico che Farfalle di Luce ha garantito fin dall’inizio dell’attività didattica, ha permesso proprio la copertura dei costi e dei loro stipendi.
Poi è arrivato il Covid e tutte le iniziative sono andate rallentando fino a fermarsi per diversi mesi. La pandemia ha ulteriormente aggravato la drammatica situazione di povertà sociale (e igienica) in cui versano gli abitanti della Favelas e la prima emergenza da affrontare, per Barbara e il suo team, è stata quella della fame. Durante il lockdown, ad ogni giornata di lavoro perduta è corrisposto un mancato guadagno e la conseguente impossibilità di comprare cibo quotidiano. In quella fase l’aiuto di Farfalle di Luce è stato convertito per poter sostenere l’acquisto e la distribuzione di pacchi alimentari, con inclusi prodotti per l’igiene personale, che sono stati ripetutamente donati alla popolazione.
Le difficoltà non hanno spezzato Barbara e i suoi che hanno proceduto indefessi e sono andati avanti. La prima bella notizia, arrivata dalla sua viva voce, è stata la riapertura, il 6 gennaio, del Caffè Letterario, con la ripresa delle attività nel rispetto delle norme di sicurezza: sono ripartiti sia i corsi di inglese sia quelli di alfabetizzazioni per adulti che, pur perseguitati da pandemia, disoccupazione e fame, non hanno smesso di avere voglia di crescere e di migliorare. Alla ripresa dei corsi è stata data ospitalità anche a 4 “ex monelli” diventati grandi, in cerca di riscatto come ballerini e DJ. Un incontro casuale con Barbara è stato per loro occasione di ritorno “a casa”, dove poter imparare l’inglese, requisito fondamentale al consolidamento della loro professionalità e alla successiva possibilità di essere contrattualizzati.
Anche i bambini non hanno smesso di avere voglia di giocare. Per questo sono ripresi i venerdì ludici, con lavoretti, intrattenimenti e golose merende.
Un nuovo progetto, infine, ha preso vita sul fronte igienico: l’installazione, su rubinetti e docce, di nuovi e potenti filtri per l’acqua corrente che arriva già inquinata dal bacino idrico statale. L’acqua è vita e in quanto tale va protetta, per la tutela di tutti. A questo tema si lega l’ultimo aggiornamento di Barbara, dei giorni scorsi, con la notizia della chiusura temporanea per lock down spontaneo davanti all’incremento dei contagi. Una scelta, sì, di tutela dei collaboratori e frequentatori del centro ma, soprattutto, dice Barbara, un esempio sociale davanti all’indifferenza politica.
Barbara è stata catturata dal sorriso e dagli occhi di quei bambini, tanto da decidere di non lasciarli più. Forse è davvero nel loro sorriso, nella loro gratitudine e nella loro riconoscenza che trova risposta il senso più profondo del donare. Che non è solo regalare agli altri. È, soprattutto, regalare a noi stessi la possibilità di arricchirsi umanamente, di diventare attivi e contagiosi nel generare nuovi gesti, capaci a loro volta di creare nuova luce. Grazie di cuore per tutto ciò che fino ad oggi avete donato e per quanto vorrete continuare a donare.
PS: Lo scorso 8 marzo, nel corso della trasmissione Rai “L’Italia con voi”, è andato in onda un servizio su “Il sorriso dei miei bimbi”. Puoi vederlo cliccando qui